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Festad'AfricaFestival
2002 - Prima edizione |
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Venerdì 12 luglio
2002 |
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Vibrations of Africa
Adzido Pan African Dance Ensemble
Direzione artistica: George Dzikunu
Musica: Mohammed Alidu, Kwasi Amankwa, Yaw Asumadu, Abass Nii
Dodoo, Charles James
Danza: Samuel Adu Dordoh, Victoria Dzivenu, Michum Hutton, Brigitte
Frean, Emmanuel Lartey, Florence Okwan, Ishmael Sackey, Rose Tackie
Adzido vuol dire quercia nella lingua del Ghana,
albero che rappresenta l'energia e la passione dell'Africa e che
affonda le sue radici nella cultura di questo continente.
L'Ensemble
ha come scopo la promozione della ricca eredità culturale e artistica
dell'Africa. Le sue performance prendono vita in un contesto innovativo
che combina danze e percussioni con scenografie teatrali spettacolari,
arricchite dagli effetti unici dei costumi di scena e degli strumenti
musicali tradizionali. Presenti da tempo sulla scena artistica mondiale,
gli Adzido contribuiscono ad incrementare la conoscenza della vitalità,
della bellezza e della diversità delle culture africane.
In Vibrations of Africa 13 danzatori e musicisti ci introdurranno
alla cultura africana attraverso un ricco repertorio di danze e
musiche, ispirate a tradizioni dalle numerose origini: Benin, Ghana,
Etiopia, Kenia, Sudafrica, Zambia, Bostwana, Nigeria, Senegal, Burkina
Faso, Tanzania, Mozambico, Zinbabwe, Costa d'Avorio.
Le coreografie raccontano di temi come la guerra, i riti celebrativi,
la gioventù e la vecchiaia. Alcune sono rimaste invariate per secoli,
mentre altre hanno subito l'influenza dell'evoluzione della società.
Tutte sono parte di un racconto della vita attraverso le espressioni
della gioia, del dolore, delle preghiere agli dei o delle preparazioni
rituali alle battaglie.La vibrazione dei colori e i forti temi affrontati
attestano la creatività dell'Ensemble che ci rivela alcuni segreti
dell'Africa.
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Sabato 13 luglio 2002 |
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Saro-Wiwa, non mi piace l'Africa
Oratorio civile con interferenze soniche fra poesia e musica
ispirato ai testi di Paul Niger Non mi piace quest'Africa
e Ken Saro-Wiwa Anche questa
Nigeria
Diretto e interpretato da Roberto
Biselli
Musica dal vivo di Gerard Antonio Coatti
Prod. Teatro di Sacco - Shell Vibes
Saro Wiwa, non mi piace l'Africa è un'opera
composta da due momenti storici definiti, due anime, due voci.
Da
una parte Paul Niger che canta negli anni '60 il suo
desiderio di ritorno all'Africa madre, origine della sua matrice
poetica ed umana. Un'Africa che in quegli anni è diventata finalmente
degna del rispetto umano.
Dall'altra Ken Saro-Wiwa che, a partire dagli anni
'80, urla la fine delle illusioni, lui intellettuale scomodo per
il regime nigeriano, imprigionato, torturato, impiccato; urla la
vendita della Madre Patria al nuovo colonialismo delle economie
globali a cui la giunta militare si è asservita, urla senza mezzi
termini, urla con ironia devastata, urla contro la confusione delle
coscienze e delle consapevolezza.
Questo materiale letterario è trattato con poesia assoluta e volutamente
non come citazione africaneggiante o vagheggiamento di nuove idealità:
come poesia, parola ritmica, carnale, sporca, diretta, luminosa.
L'opera può essere definita come un oratorio civile, nella sua richiesta
di attenzione ad una delle contraddizioni più evidenti ma meno rilevanti
al mondo occidentale ed al nuovo colonialismo: l'Africa è passata
di moda nella globalizzazione culturale planetaria e ne è rimasta
esclusa.
Alle parole si accompagna un forte contrappunto, un'interferenza
significativa: la musica di Gerard Antonio Coatti. Le sue melodie
amplificano ed integrano la distanza, non alludono, sospendono;
il suono delle conchiglie, in particolar modo, evoca quell'idea
universale della poesia come ritmo emotivo del mondo. Un momento
unico di grande coinvolgimento emotivo.
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Domenica 14 luglio 2002 |
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Ajantala-Pinocchio
di Bode Sowande
Traduzione di Isabella
Maria Zoppi
Mise en espace di Emanuela Pistone
Assistente alla regia: Alessandro Militello
Con il coro dei bambini della Malaspina
Con (in o.a.): Francesco Biscione, Massimiliano
Caretta, Andrea Di Casa, Giovanna Galiotto, Raffaele Gangale, Francesco
Foti, Corinna Lo Castro, Daniela Margherita, Fulvio Pepe, Alberto
Scala, Ada Totaro, Jeanne Vazzoler
Direzione musicale e Movimenti coreografici:
Maria Grazia Bellia e Angelo Fusacchia
Voce: Sandra Godfrey
Percussioni: Laura Inserra
Costumi di Annalisa Recchioni
Prod. CRT scenaMadre
Una favola dedicata ai bambini di strada dove
si incontrano due miti: il burattino italiano e l'africano Ajantala
A
partire dal mito nigeriano del bambino Ajantala (figlio del dio
Obatala), che si incarna nel mondo umano come principe del pandemonio,
Bode Sowande ha creato un legame con la favola di Pinocchio. Ajantala
e Pinocchio sono entrambi metafora di una condizione umana abnorme,
assurda. Ajantala ha una testa gigantesca. Nel giorno stesso della
sua nascita, cresce fino all'adolescenza. Pinocchio, burattino,
figlio di un falegname, nato dalla fantasia di Collodi, ha un naso
appuntito che cresce a dismisura. Entrambi esprimono una forte inclinazione
alla trasgressione e alla disobbedienza, un rifiuto delle regole
imposte da una società repressiva governata dagli adulti.
Entrambi cercano disperatamente l'amore dei genitori.
Ajantala-Pinocchio di Bode Sowande è una favola realistica, secondo
la definizione di Claudio Gorlier. Una storia intrisa di miti, folklore,
fenomeni sovrannaturali, narrata attraverso la formula dell' allegoria.
Dice Sowande: "Mettere insieme Pinocchio e Ajantala in un'avventura
lunga un giorno sulle strade della Lagos odierna è un trattamento
d'urto tramite il quale le allegorie diventano lezioni molto chiare
e terribili per noi al giorno d'oggi."
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Lunedì 15 luglio
2002 |
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Bintou
di Koffi Kwahulé
Traduzione di Gianni
Poli
Mise en espace diDaniela
Giordano
Con (in o.a.): Francesco Biscione, Massimiliano
Caretta, Andrea Di Casa, Giovanna Galiotto, Raffaele Gangale, Daniela
Margherita, Fulvio Pepe, Alberto Scala, Aissatou Sow, Jeanne Vazzoler
Musiche di Massimiliano Caretta
Costumi di Annalisa Recchioni
Prod. CRT scenaMadre
La storia della ribellione di una adolescente
che la sua famiglia riporta all'ordine attraverso l'infibulazione
Figlia
di emigrati africani nella periferia di una qualsiasi città
europea, Bintou ha tredici anni e ostenta ribellione verso
ogni forma di autorità: i parenti, la scuola, la vita stessa. Ciò
che conta per lei è solo la banda dei Licaoni, composta da ragazzi
più grandi che la riconoscono come il loro capo. E poi c'è il suo
grande sogno di diventare danzatrice del ventre, sogno che coltiva
come riscatto dalla povertà e dalla miseria nella quale vive.
Intorno a Bintou, il mondo degli adulti è decisamente ostile:
incapace di capire il comportamento e i sogni di Bintou, la famiglia
vuole riportarla nell'ambito dell'ordine e della tradizione, e con
l'aiuto della Signora del Coltello, una mammana, alla fine ci riesce,
imponendole a forza, l'infibulazione.
Nello spettacolo il ritmo incalzante dei quadri narrativi,
privilegia una recitazione serrata, sincopata, fortemente musicale
che restituisce, alla parola e ai rapporti degli attori in scena,
il clima di una jam session.
Dice l'autore a proposito della protagonista: "Bintou
è una ragazzina che scopre di essere diventata donna,
cosa che provoca una rivoluzione nel suo corpo e nella sua mente.
La sessualità sboccia improvvisamente come un frutto maturo. Per
coloro che l'hanno conosciuta bambina, questa evidenza è sconvolgente.
La società si organizza per impedire a questa sessualità di sbocciare:
l'infibulazione è il solo atto sessuale che Bintou potrà conoscere."
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Martedì 16 luglio
2002 |
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Jaz
di Koffi Kwahulé
Traduzione di Gianni Poli
Regia e interpretazione di Daniela Giordano
Musiche originali eseguite dal vivo da Guido Giordano
Produzione Alcantara Teatro
L'idea di bellezza racchiusa in un corpo femminile
lotta contro la violenza della società contemporanea. Un testo scritto
in forma di concerto a due per la potente metafora di Kwahulé
In
una metropoli europea non precisamente identificata, una giovane
donna racconta, ad un musicista jazz, la storia di una
sua amica, di nome Jaz, della sua lotta per la sopravvivenza
in una Città che non offre relazioni umane ma solo rapporti prevaricanti
e violenti.
Le sue parole danno corpo a due figure femminili, due eroine
moderne - Jaz e Oridé - che incarnano l'archetipo
della bellezza e che, con questa sola arma, lottano contro l'abbrutimento
e la povertà dell'umanità. La loro fiducia e solarità non riusciranno
tuttavia a sconfiggere il Male che si nasconde nelle società moderne,
nelle quali è vano cercare di affermare qualunque ideale di armonia
e di bellezza.
La poesia di Kwahulè è antica, genetica, ancestrale. Parla con la
simbologia del mito, imprigiona in corpi di donne l'idea della bellezza
che si oppone e lotta contro il mondo spazzatura, vincente l'idea,
perdente la realtà. La parola diventa comunicazione solo privata
del suo codice verbale, solo quando riesce a liberare l'energia
imprigionata tra le pieghe dei significati e significanti, e si
fa musica e ritmo.
In Jaz il misterioso rapporto tra il jazzista e la voce della
donna traduce questo pensiero. Come amanti, la donna e il musicista,
un corpo e un'anima distinte, intrecciano i loro linguaggi, si cercano,
si sfuggono, con violenza o con dolcezza, fino ad abbandonarsi all'incontro
ed essere un'unica voce. Parole che diventano note, note che diventano
parole, azioni che diventano pensieri, in un susseguirsi senza respiro
di immagini che nutrono emozioni alla ricerca di un senso, fino
alla scoperta che questo senso non può risiedere che in quel silenzio
che è la prima nota del dialogo tra anima e corpo.
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Mercoledì 17 luglio
2002 |
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La P'tite souillure
di Koffi Kwahulè Spettacolo
in lingua originale
Regia di Serge Tranvouez
Con: Isabelle Cagnat, Victor De Oliveira,
Jean-Paul Dubois, Isabelle Vedie
Luci: Hervé Goyard
Divertente commedia sui conflitti familiari,
scritta in una lingua musicale che segue il ritmo delle composizioni
jazz
La
P'tite Souillure dell' attore, regista e drammaturgo della
Costa d'Avorio, Koffi Kwahulé, parte da una situazione classica
- l'arrivo di uno sconosciuto in una famiglia - per sviluppare con
ironia un mistero dagli esiti inattesi. Scopo dichiarato dell'uomo
è dare fuoco alla casa, ma nessuno lo prende sul serio, tanto che
la sua presenza viene accettata per svelare quella enigmatica irruzione.
Intanto però è l'arrivo dell'estraneo a rivelare situazioni inquietanti
- una possibile relazione incestuosa tra il padre e la figlia, l'odio
madre-figlia -, ad aprire crepe nella patina borghese sotto cui
si celano violenti conflitti, tanto che la famiglia si sfalda completamente.
Poco a poco si capisce che lo straniero, Ikédia, è venuto
a vendicare la morte del proprio padre, ucciso senza motivo dalla
donna. Anche le ragioni della vendetta, però, sembrano sgretolarsi,
mentre ogni personaggio cerca invano un fondamento ai propri comportamenti,
segnati da una crescente ambiguità.
Il testo è davvero espressione di due culture e se lo sguardo
critico e disincantato di Kwahulé investe le leggi sociali e familiari
dell'occidente, non risparmia l'errore di chi, approdato al mondo
del benessere, lascia assorbire presto la sua rivolta dalla forza
d'inerzia di quel mondo.
Anche la lingua è un francese meticcio che fa riferimento a un doppio
immaginario, Africa/Occidente, una lingua molto musicale,
ispirata non a caso alle composizioni jazz: il tema, le variazioni,
lunghe fughe in assolo.
Un quartetto molto divertente, che propone situazioni alquanto
comiche attraverso un sottile gioco di progressivi slittamenti.
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Giovedì 18 Prima
nazionale - Venerdì 19 luglio Replica |
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Il fratellino del vogatore
di Kossi Efoui
Traduzione di Dino Villatico
Regia di Francesco Randazzo
Con (in o.a.): Andrea De Carne,
David Sebasti, Almerica Schiavo, Aissatou Sow
Costumi di Annalisa Recchioni
Prod. CRT scenaMadre
Dalla tradizione classica francese alle simbologie
africane, il testo sviluppa un grande gioco di parole e piccoli
gesti tribali e infantili che, pur in una realtà spietata e chiusa,
creano momenti ludici e liberatori.
"Le
petit frère du rameur", (Il fratellino del vogatore) è un testo
di Kossi Efoui, quarantenne del Togo, trapiantato in Francia.
Nella sua struttura elementare è un dialogo a tre, dove i
racconti dei tre personaggi, s'intersecano misteriosamente, in un
gioco in cui tutto rimanda a qualcos'altro - nella tensione continua
e disillusa fra un mondo originario perduto ed un mondo quotidianamente
emarginante. I fili narrativi s'intrecciano tessendo una ragnatela,
una rete di immagini, di mondi possibili o impossibili.
La giovane Kari è morta suicida. I suoi amici Maguy,
Marcus e il Kid, nella notte precedente il funerale,
la vegliano, la evocano e l'accompagnano, inventando un rito di
passaggio contemporaneo e affascinante, fino al finale in cui tutto
brucia e si sublima poeticamente. Così Kari riuscirà a passare dall'altra
parte, grazie ai suoi amici che nella notte sono riusciti con le
loro parole a "ricrearla" e a eludere le trame del Vogatore, un'entità
incombente e ineluttabile, che salva e condanna; forse il destino,
forse Dio, forse più brutalmente uno sfruttatore (e forse tutt'e
tre le cose insieme).
Dalla tradizione classica francese alle simbologie africane, il
testo sviluppa un grande gioco di parole e piccoli gesti tribali
e infantili che, pur in una realtà spietata e chiusa, creano momenti
ludici e liberatori.
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Sabato 20 luglio |
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Poesia
Kermesse polifonica su poeti africani
a cura di Alvia Reale
Prod. CRT scenaMadre
Poesie di Antonio Agostinho Neto, Léopold Senghor,
Wole Soyinka
Dice
Alvia Reale: "Poesia, infine: respiro dell'anima, orgoglioso tendersi
al mondo intero, i poeti sono le voci più alte che siano arrivate
fino a noi come magica eco dal continente africano.
Vorremmo che qui, stasera, suonassero le lingue di tutti coloro
che sono in cammino e che cercano con noi "tutte le Afriche del
mondo".
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